La Teosofia, descrive il percorso dello spirito attraverso la materia, come “la via della monade”. Il motivo del lungo soggiorno evoluzionario della monade, è di acquisire una forza spirituale stabile. Questa è relazionata alla nostra abilità di irradiare ed esprimere le qualità della monade, anche attraverso i veicoli dei piani di coscienza inferiori, a quelli che gli appartengono, fra questi, il più denso e tribolante, è il piano fisico.
Ciò comporta un processo di involuzione, chiamato dagli Hindu il Pravritti-marga, che significa “il sentiero del desiderio”. Il desiderio serve come mezzo per abilitare lo strumento della monade – l’Anima o Sè Superiore – di innestarsi/fondersi completamente con la materia, prima di raggiungere un punto di saturazione.
La personalità, come meccanismo dell’Anima, sperimenta la “divina inquietudine”, poiché gli affari transitori del mondo fisico non soddisfano né sostengono più la persona. Questo avviene quando la necessità di raccogliere esperienze fisiche, del Sè Superiore, è stato saziato. Il nivritti marga – il sentiero della rinuncia – si presenta a chi viene guidato a intraprendere il sentiero di ritorno alla fonte del proprio essere.
A questo punto del lungo ed evoluzionario viaggio dell’Anima, il nostro naturale desiderio sinora servito per il salutare e necessario scopo di fusione/ innesto dello spirito con la materia, deve ora essere trasmutato in aspirazione spirituale, come la nostra personalità necessita di essere ricostruita come un degno deposito dell’energia spirituale. Nel classico discorso di Krishna, sul campo di battaglia simbolico di Kurukshetra, un avatar del Supremo Essere Vishnu viene informato della necessità di vincere il desiderio:
Dove c’è il desiderio, c’è il mondo.
Sii fermo nel non-attaccamento.
Sii libero dal desiderio.
Sii felice.
La schiavitù e il desiderio sono lo stesso.
Distruggi il desiderio e sii libero.
Solo attraverso l’essere distaccato dal mondo
una persona può realizzare la completa realizzazione del Sè.
Bhagavad Gita, 10:3-4
Quando ci imbarchiamo nel processo di trasformazione spirituale, dobbiamo realizzare che il fine è il viaggio stesso. H.P.Blavatsky ci informa:
Non puoi viaggiare sul Sentiero prima di essere diventato il Sentiero stesso
The Voice of the Silence, (London, Theosophical Publishing Company, 1889)
Noi non iniziamo il nostro ritorno evoluzionario come un “articolo finito”. E’ l’esperienza che intraprendiamo nell’attraversare il sentiero spirituale, che ci porta all’espansione di coscienza e al nostro livello di essere. Le funzioni dell’Anima sono come quelle di un vasaio, che sta cercando di modellare l’argilla della sua personalità, in uno strumento adatto ad essere poi effettivamente bruciato sul Terreno Ardente dell’iniziazione.
La perfezione, per essere pienamente tale, deve nascere dall’imperfezione, l’incorruttibile deve crescere dal corruttibile, avendo quest’ultimo come suo veicolo, fondamento e contrasto.
H.P.Blavatsky, The Secret Doctrine, Adyar, India: Theosophical Publishing House, 1979, Vol II p95
Questo processo di trasformazione era simbolizzato dal Magnus Opus dell’alchimia medievale, dove l’alchimista cercava di trasmutare il metallo, della personalità transitoria, nell’oro incorruttibile del Sè superiore. Il motto alchemico solve et coagula racchiude i requisiti necessari per questo processo.’Solve’ è relazionato al rompere o dissolvere i componenti più bassi della nostra psiche, mentre ‘coagula’ è relazionato alla loro ricostruzione in una forma più purificata.
Quando percorriamo il sentiero, dobbiamo determinare un inventario delle nostre varie attitudini, predisposizioni, desideri, attaccamenti, e complessi. Ogni contenuto della psiche che potrebbe impedire la nostra crescita spirituale dovrebbe essere definitivamente dissolto prima che la nostra personalità venga riassemblata ad un punto di coscienza più elevato. Su queste basi, potremmo poi venire infusi dalle energie dell’Anima.
La Teosofia simbolizza il nostro viaggio di ritorno alla fonte come l’ascesa di una montagna – la “montagna dell’iniziazione”. Quando ci inoltriamo nella precipitosa ascesa della simbolica parete rocciosa, compattiamo in poche vite le lezioni e le esperienze di molte vite. Con queste finalità dovremo essere preparati a scandagliare le profondità della nostra psiche come pre-requisito per beneficiare dei magnifici panorami, che si apriranno a noi sotto forma di vaste espansioni della nostra coscienza, le quali aumenteranno la nostra capacità di portare, ed esprimere, la forza divina della vita. Come – le implicazioni del simbolismo indicano, questo è uno dei più difficili, provanti e ardui processi che ci siano.
Lo psicologo analitico Carl Jung racconta il sogno di un paziente e teologo:
[…] ha visto su una montagna una specie di Castello del Graal. Percorreva una strada che sembrava portare dritto ai piedi della montagna e poi su per questa. Ma come lui sia avvicinava scopriva con suo grande disappunto che un abisso lo separava dalla montagna, una profonda gola oscura con un’acqua torbida sotterranea che scorreva lungo il fondo. Un ripido sentiero scendeva e poi faticosamente risaliva dall’altra parte. Ma la prospettiva sembrava poco invitante e il sognatore si svegliò. [Archetypes of the Collective Unconscious, Routledge, Hove, 2014, P19]
Jung dimostrò che gli archetipi o idee divine sono rappresentate all’interno della psiche umana come simboli. Il simbolismo del sogno del teologo è molto indicato per rappresentare le prove, le sfide e le ricompense del sentiero spirituale.
Gli archetipi di Jung, nelle sue forme pure, emanano dalla monade e sono espresse sui piani di Atma, Buddhi e Manas.
Nella leggenda del Graal, il sacro recipiente è descritto in vari modi: come una coppa, come piatto, o come pietra possedente poteri di guarigione miracolosi, beatitudine e grazia. Il Graal è comunemente tenuto in custodia dal Re Pescatore o dal Re Mutilato, che risiede all’interno del suo castello. Il Re è stato ferito – nelle cosce (un eufemismo per dire genitali) da quello che viene detto il “Colpo doloroso”. Ciò impedisce al Re di partecipare ad una sovrana unione con la sua terra, la quale diventa una ‘terra desolata’ priva di acqua e vegetazione, ciò simboleggia le sfide e le costrizioni che l’incarnazione fisica pone alla nostra espressione spirituale. La monade è effettivamente ‘ferita’ e ‘castrata’ nella sua vera e piena espressione, quando è imprigionata nei regni della materia.
Solo il cavaliere alla ricerca, che dimostra la necessaria purezza, coraggio, onore, virtù può ottenere il Graal superando le varie sfide che gli permettono di confrontarsi con la sua ricerca del recipiente sacro. Immediatamente, possiamo percepire le similitudini fra il Graal e l’Anima o Sè Superiore, un ricettacolo capace di ricevere le energie divine della monade, le quali alla terza iniziazione, vengono sempre più versate all’interno del recipiente sacro. Il vittorioso cavaliere del Graal sarà poi di beneficio per la salute del Re Mutilato. Questa è un’illustrazione simbolica dell’acquisizione da parte della monade di una stabile forza spirituale, così anche l’ottenebrata e desolata terra viene redenta.
In un modo simile ai cavalieri alla ricerca del Graal, quando ci imbarchiamo nel sentiero spirituale, entrando nei regni dell’inconscio veniamo sottoposti a molte prove e tribolazioni all’inseguimento dell’iniziazione. Al raggiungimento dell’iniziazione, l’Anima e la personalità funzionano come una cosa sola, e possiamo così diventare definitivamente il Graal, mentre la nostra aura viene infusa dalle qualità spirituali.
Il necessario passaggio attraverso l’acqua torbida e minacciosa trovata all’interno del sogno del teologo, e la susseguente ascesa alla montagna, è relazionata alla nostra “discesa” all’interno dell’inconscio. Gli Antichi Greci lo chiamavano Ade – il mondo sotterraneo. Entrambi, il regno ctonio e il regno spirituale della psiche umana, sono situati all’interno dell’inconscio. Le componenti residenti nel basso astrale e mentale includono: le nostre varie paure, i complessi, sentimenti repressi di colpe e vergogne; la parte istintuale primitiva Freudiana, l’Ombra Junghiana e certamente il Guardiano sulla Soglia.
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Traduzione a cura di Matteo Benacchio e Claudia Becagli