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Gli animali hanno un’anima?

Gli animali hanno un’anima?

Articolo di Michele Fayenz è pubblicato su Rivista Italiana di Teosofia Maggio – Giugno 2024

Conservo ancora l’Oroscopo che Mada Bratina regalò ai miei genitori in occasione della mia nascita, insieme alla medaglia di Edoardo. Ricordo le uscite fatte tutti insieme e le lunghe chiacchierate, tranquille e pacate con Edoardo, fragorose ma divertenti con Mada. Edoardo era una persona troppo complicata per essere capita da un bambino ma il suo silenzio e il suo sguardo esercitavano una forza di attrazione particolarmente intensa. Mada, la moglie, in totale antitesi: irruenta, fin troppo loquace, sempre pronta a raccontare le vicende e gli aneddoti più strani e coinvolgenti. Proprio Mada mi fece partecipe di alcune storie sulla reincarnazione degli animali. All’epoca, vista la mia giovanissima età, non capivo il significato di questa parola. Avevo compreso che gli animali deceduti avrebbero potuto ritornare in vita e la cosa mi incuriosiva molto. Pensavo che il nostro cane, una volta morto, in qualche modo prima o poi sarebbe ricomparso davanti alla porta di casa. Il concetto, come lo avevo inteso, non differiva di molto dalla realtà.
Partiamo da una domanda. Gli animali hanno un’anima?
Gli ebrei credono di sì, mentre non è così per molti cristiani, anche se già nella Bibbia si parla dell’anima degli animali: gli animali sono doni del Signore e l’uomo è il loro custode; essi non vanno maltrattati ma curati, come fa il pa store con le sue pecore (“fascerò quella ferita e curerò quella malata”, Ez. 34,16). Al Mahatma Gandhi viene attribuita la se guente frase:

“La grandezza di una nazione e il suo progresso morale possono essere valutati dal modo in cui vengono trattati gli animali”.

La mucca è considerata sacra perché, secondo le credenze, consente agli uomini, dopo la morte, di attraversare un fiume sotterraneo infestato da coccodrilli e di raggiungere l’altra riva, dove essi potranno trovare un nuovo corpo e reincarnarsi in esso. L’induismo e il buddhismo considerano il mondo animale come un fratello minore. I buddhisti credono che non portare rispetto agli animali determini una futura reincarnazione in un essere inferiore. Caccia e vivisezione sono vietati, come qualsiasi atto che arrechi sofferenza all’animale stesso. Gli induisti sostengono che ogni essere vivente ha un’origine spirituale.
Gli animali hanno quindi pari dignità rispetto alla vita di qualsiasi altro essere vivente.
Nel giainismo, la religione basata sulla non violenza, sono presenti cinque princìpi, accettati da tutte le religioni indiane, il primo dei quali recita:
“Non danneggiare alcun tipo di vita, umana, animale o qualsiasi altro essere che abita corpi viventi”.
H.P. Blavatsky, nell’articolo “Gli animali hanno un’anima?” [The Theosophist, gennaio 1886], scrive:

[…] Quando il mondo si sarà convinto – e non si potrà evitare un giorno di arrivare a tale conclusione – che gli animali sono creature eterne quanto noi, la vivisezione e altre continue torture quotidianamente inflitte alle povere bestie scateneranno un’esplosione di maledi- zioni e minacce dalla società in generale, tali da costringere tutti i Governi a porre fine a pratiche barbare e vergognose.

Essendoci ancora pochi studi relativi agli animali e alla loro reincarnazione, esistono due strade di pensiero diverse. Secondo la prima insetti e animali, una volta terminata la loro prima fase evolutiva, si reincarnano in una forma umana e non possono più ritornare ad essere animali o insetti. Per la seconda invece anche un uomo può reincarnarsi in un animale o in un insetto. Un tempo i tibetani erano soliti setacciare il terreno prima di costruirvi sopra qualcosa, per non rischiare di arrecare danno a nessuna forma vivente. Essi credevano infatti che un qualsiasi insetto presente sul terreno avrebbe potuto essere un loro caro in una vita precedente. Oggi questa teoria non è più seguita ma fa riflettere su un’eventuale scala evolutiva che passi attraverso specie diverse.

Radha Burnier (nata ad Adyar), presidente internazionale della Società Teosofica dal 1980 fino alla sua morte avvenuta nel 2013, era molto attenta al benessere degli animali, anche se non si faceva problemi a uccidere le zanzare; “si reincarnano molto velocemente” era la sua spiegazione. Gli animali comunque hanno un’anima propria, come gli esseri umani, e possono reincarnarsi all’interno del proprio gruppo animico. Penso però che sia necessaria una distinzione sull’appartenenza ai due diversi gruppi animici. La prima è quella che lega gli animali tra di loro; la seconda quella che lega gli animali alle persone. Craig Hamilton, famoso medium e chiaroveggente, autore di numerose pubblicazioni, scrisse l’articolo “Cosa succede agli animali quando muoiono?”. Secondo lui non tutti sopravvivono come entità individuali dopo la morte; alcuni confluiscono in quella che egli definisce “coscienza di gruppo“. Il loro spirito ritorna a una consapevolezza collettiva per quella specie particolare e da questo bacino di consapevolezza nascono differenti anime animali.
In questo caso, l’animale ha usato la propria vita “mortale” per arricchire di conoscenze ed esperienze il suo gruppo animico, per aiutarlo a vivere e a evolvere. Basti pensare a quante cose essi sono in grado di fare senza che nessuno le abbia loro insegnate, ad esempio le ingegneristiche ragnatele o la conoscenza intrinseca di ciò che si può mangiare o di quanto invece è velenoso o pericoloso. Gli animali hanno un rapporto con la morte e la reincarnazione diverso rispetto a noi umani. Si tratta semplicemente di un trasferimento di energia da un luogo a un altro, da una vita all’altra. Essi non sono così attaccati ai propri corpi fisici come lo siamo noi. Per questo motivo i tempi di reincarnazione sono molto ridotti. Di solito, gli animali rinascono accanto alle stesse persone che hanno lasciato nella vita precedente, quando sentono che c’è ancora del lavoro da fare con loro. È pertanto molto probabile che l’animale che hai al tuo fianco nella tua vita attuale sia stato accanto a te anche in una vita precedente, sua o tua. Non sopravvalutiamoci però: non per forza esso torna solo perché ha bisogno di noi per evolversi; può anche verificarsi l’opposto, cioè che siamo noi ad aver bisogno di lui. Quando muore, un animale domestico cercherà comunque di farci pervenire piccoli segnali attraverso una comunicazione più pura e più diretta rispetto a quella che avviene con una persona deceduta. Non potendo parlare, gli animali sviluppano in vita una forma di concentrazione che spesso ci fa capire cosa vogliono solamente attraverso lo sguardo. Ed è facile percepire questa forma-pensiero anche dopo.

Come con le persone, bisogna però cercare di elaborare il lutto quanto prima, affinché essi siano liberi di andarsene e di iniziare al più presto la loro evoluzione spirituale. Solo quando un animale diventa consapevole della propria esistenza comincia il lento processo lungo la scala evolutiva verso la coscienza umana e angelica. Diventare consapevoli significa passare da un ego collettivo della specie di appartenenza a un ego individuale. Possiamo noi renderci conto di questa “evoluzione” in un animale domestico? Personalmente penso di sì. Vorrei condividere un’esperienza personale come prova. Gli ultimi anni di vita del nostro anziano gatto sono stati goduti ma sofferti, perché in noi c’era la consapevolezza che mancava poco tempo alla sua dipartita. Quando non riuscì più ad alzarsi da solo, chiamammo il veterinario perché mettesse fine alle sue sofferenze. Al suo arrivo egli lasciò mia moglie e me con il gatto sdraiato sul letto per un ultimo “saluto”. Esso improvvisamente riuscì ad alzarsi, barcollando venne da noi per strusciare affettuosamente la sua testa sul nostro viso a turno e poi ritornò ad accasciarsi. Sono convinto che in quel preciso istante, avendo capito che stava per concludere il suo percorso di vita, ha trovato l’energia per darci un ultimo affettuoso saluto. E in quel momento il nostro gatto ha raggiunto una chiara consapevolezza di vita, morte e amore.


FONTE : Gli animali hanno un’anima?